COMUNICATO STAMPA DEL 18/7/2022

Si è tenuto sabato 16.07.2222 in Giugliano in Campania presso il ristorante Donna Peppa il congresso Elettivo PSAF , nel corso dell’incontro sono state tracciate le linee di indirizzo delle attività dell’Associazione.

All’unanimità sono stati eletti i nuovi componenti del Direttivo :

  • AGLIATA Gaetano,
  • ANTONIONI Giuliano,
  • DE CHIARA Serena,
  • FARINACCI Michele,
  • FAVORITI Omar,
  • GIUSTINI Angelo,
  • GRATTAGLIANO Daniela,
  • LAGANI Maria,
  • MALAVENTA Pasquale,
  • MARCEGA Giuseppe,
  • RALLO Giuseppe,
  • ZINNO Giulia,
  • ZINNO Raffaele che è stato
    riconfermato Presidente

  

RAZIONALE   PSAF

La Legge n.24 dell’8 marzo 2017 “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché’ in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie” rappresenta un provvedimento giuridico innovativo che amplifica, nella sostanza, il concetto di diritto alla salute, costituzionalmente tutelato dall’art. 32 della Costituzione, in quanto la “sicurezza delle cure” diventa una “parte costitutiva del diritto alla salute”.
La novella legislativa avrà, di fatto, una significativa ricaduta su tutti i profili che caratterizzano la realtà della responsabilità sanitaria nel nostro Paese, innovando sensibilmente la disciplina della responsabilità degli operatori sanitari. Come dichiarato dallo stesso Relatore, F. Gelli, l’obiettivo della Legge è quello di rispondere a tre ordini di problematiche sempre più attuali inerenti:

  1. il Contenzioso Medico Legale per Malpractice, che con la sua rilevante entità si correla ad un aumento vertiginoso, sino alla insostenibilità, del costo delle assicurazioni a carico di Professionisti e Strutture Sanitarie,
  2. le ricadute sul fare del Sanitario, con il fenomeno della dilagante Medicina Difensiva (contromisura “negativa” che sostanzialmente si esprime di volta in volta come forma di “passivo non agire” o come “moltiplicatore esponenziale del momento diagnostico” per far sì che, ove necessario, il medico e/o la struttura possano comunque presentare copiose documentazioni a loro tutela) che si accompagna, in discendenza, ad un uso certamente non appropriato delle risorse della Sanità Pubblica”.
  3. la non soddisfazione del cittadino/utente, sia nel corso della cura che in corso procedimentale, nell’evenienza di una condizione di Malpractice.

La risoluzione di tali criticità è finalizzata a garantire “la sicurezza delle cure, intesa come parte costitutiva del diritto alla salute”, perseguita nell’interesse del singolo e della collettività, anche con riferimento a:

– l’insieme delle attività finalizzate alla prevenzione e gestione del Rischio che si connette alla erogazione (in un sistema complesso) della prestazione sanitaria;

  – un sempre più appropriato impiego delle Risorse (oltre che umane) strutturali, tecnologiche e organizzative (e quindi da ultimo economiche).

Due i punti di riferimento e guida, invece, per quanto riguarda le attività di prevenzione del Rischio connesso alla erogazione di una prestazione sanitaria posta in capo alle Strutture Sanitarie e Socio-Sanitarie, Pubbliche e Private cui è tenuto a concorrere il Personale tutto (ivi compresi i Liberi Professionisti che vi operano in regime di convenzione con il SSN), ossia:

– assicurare al paziente la possibilità di un ristoro economico, in tempi certi e brevi, nell’occorrenza di un subìto danno alla persona per acclarata Malpractice;

– al contempo, incrementare le garanzie e le tutele per gli Esercenti le Professioni Sanitarie (come si noterà, la nuova Legge non si riferisce più solo ai medici, ma più  correttamente, e certamente al passo con la modernità del sistema sanitario, a tutti gli esercenti una Professione Sanitaria).

Il comma 3 dell’art. 1, di fatto nello statuire che: “Alle attività di prevenzione del rischio messe in atto dalle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, è tenuto a concorrere tutto il personale, compresi i liberi professionisti che vi operano in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale”, di fatto valorizza il riferimento a “tutte le professioni sanitarie” (mediche e non mediche) le quali, ognuna per la parte di competenza, concorrono alla realizzazione del miglior management del paziente. Sul punto, statuendo la Legge che ogni operatore sanitario è garante della salute del cittadino, sottolinea, per ciascuno, specifici caratteri di autonomia, di collaborazione, nonchè di responsabilità e competenza.

Quanto sopra ci permette di rileggere in maniera più corretta ed attualizzata la prestazione sanitaria, ovvero non più solo come prestazione medica, bensì come insieme di attività strettamente connesse fra loro in maniera organica, sincrona e consequenziale laddove il successo della prestazione stessa sarà in funzione della capacità degli operatori di sapersi integrare nel loro “facere”.

Nei moderni sistemi di tutela della salute, caratterizzati da un altissimo grado di specializzazione pluridisciplinare, quale diretta conseguenza del progresso scientifico e tecnologico, l’attività del medico coinvolge, praticamente in tutti i settori, altre figure professionali che intervengono a vario titolo con proprie specifiche competenze nel processo assistenziale, sia per concorrere, con diversi gradi di autonomia rispetto al medico, all’erogazione delle prestazioni diagnostico-curative, sia, più semplicemente, per garantire il regolare funzionamento delle strutture sanitarie e delle loro complesse attrezzature”; appare, quindi, di tutta evidenza che “il facere” impegnerà, oltre che la singola responsabilità di tali figure professionali, quella relativa al facere in equipe.

A tale problematica si raccorda quella formativa: sempre meno attuale appare, infatti, una formazione settoriale incentrata sul singolo operatore, formato solo sulle attività che concernono l’esclusivo ambito di competenza. Se il paziente va inteso come “unicum”, unica ed inscindibile diventa la prestazione sanitaria che il nostro SSN deve erogare ed è necessario che tutti gli esercenti le professioni sanitarie siano formati in maniera comune secondo tale visione, ancor più in riferimento agli aspetti medico-legali e della gestione del rischio clinico. Si impongono sistemi efficienti di gestione del rischio e di reazione agli eventi avversi in sanità, che rispondono all’impegno di garantire un’efficace identificazione degli “Errori” e delle “Inosservanze di regole di condotta” in Sanità, e quindi di programmare azioni correttive volte:

– all’ottimizzazione dei “processi” con la connessa necessità di ottimizzare la gestione del “Rischio Clinico”, dei “Sinistri sanitari” e del correlato “Contenzioso medico – legale”;

– all’integrazione dei dati inerenti, altresì, la Farmaco/Dispositivo Vigilanza, necessaria ai fini della compiuta raccolta ed uso dei dati epidemiologici e della valutazione del Rischio Sanitario.

Ed è in tale ottica che andrebbe interpretato quanto previsto all’Art. 5 della legge: buone pratiche clinico-assistenziali e raccomandazioni previste dalle linee guida, con riferimento appunto agli esercenti le professioni sanitarie. Questi,  nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie (…), si attengono, (…), alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 ed elaborate da Enti e istituzioni pubbliche e private nonché dalle Società Scientifiche e dalle Associazioni Tecnico-Scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da aggiornare con cadenza biennale.  In mancanza delle suddette raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali.

La legge Gelli, quindi, subordina il facere alle “raccomandazioni previste dalle linee guida” e, in mancanza, alle “buone pratiche clinico-assistenziali”.

Appare di primaria importanza realizzare, secondo le nuove disposizioni, una diversa impostazione delle Linee Guida, e delle buone pratiche clinico-assistenziali, al fine di oggettivare il percorso assistenziale nel suo complesso,(PDTA) proiettandosi oltre le singole attività in cui ogni figura professionale razionalizza lo specifico ruolo.

PSAF, proprio nell’ottica di interpretare lo spirito della novella legislativa e offrendo, al contempo, valido contributo programmatico e propositivo, si propone come vero laboratorio di idee e proposte all’interno del quale, le diverse figure professionali, apportano il proprio contributo al fine di concorrere a definire linee guida integrate e buone pratiche clinico-assistenziali che, appunto perchè condivise, possano realmente configurarsi come valido strumento di indirizzo e guida (“ si attengono alle raccomandazioni previste”..) per la migliore prestazione assistenziale.

Le linee guida (LG),  già dagli anni novanta del secolo scorso,  sono una realtà che impronta la Medicina; appaiono sincroniche con il movimento scientifico definito Evidence Based Medicine, secondo il quale qualsivoglia atto sanitario, di volta in volta a valenza clinico-diagnostica, terapeutica, prognostica, assistenziale etc, deve basarsi su solide prove discendenti da ricerche epidemiologico-cliniche di qualità, con il perseguito scopo di ridurre lo spazio delle decisioni basate sull’aneddotica, e sulle opinioni personali,  sussumendo in sé la migliore scienza clinica.

Esse nascono per rispondere ad un obiettivo fondamentale: assicurare il massimo grado di appropriatezza degli interventi, riducendo al minimo quella parte di variabilità nelle decisioni clinico/assistenziali che si rilega a carenze di conoscenza e alla soggettività della definizione delle strategie assistenziali.

Con riferimento, invece, alle buone pratiche clinico-assistenziali, giova rimarcare che  all’interno di tale espressione, vanno invece ricompresi sia le prove di efficacia desumibili dalla letteratura scientifica accreditata sia tutti quei documenti, comunque denominati, di qualsiasi estrazione essi siano, purché elaborati con metodologia dichiarata e ricostruibile e basati su evidenze scientifiche.

In sintesi: a fondamento di qualsivoglia condotta professionale “virtuosa” sta il rispetto competente delle evidenze scientifiche, le quali sono l’ineludibile riferimento dell’attività professionale in sanità e possono essere considerate elemento fondante delle buone pratiche clinico- assistenziali nonché, dopo opportuna elaborazione, delle linee guida.

Mentre per quanto riguarda la parte clinico-assistenziale è del tutto evidente che le varie società scientifiche, elaborino linee guida specifiche per le attività a cui afferiscono, un discorso a parte deve necessariamente farsi per quanto riguarda le attività forensi giacché sarebbe assurdo che ciascuna Società Scientifica elaborasse quelle relative alla propria specialità avendosi, in tale ipotesi linee guida di chirurgia forense, di ortopedia forense ecc. ecc. Appare del tutto evidente che le linee guida delle attività forensi siano elaborate da un tavolo multidisciplinare secondo il principio della collegialità di cui all’art. 15 della L. 24/17 ed è per questo, ma non solo, che nasce Psaf.

Altro obiettivo primario di Psaf sarà recuperare, mediante l’attuazione delle linee programmatiche sopra esposte, il rapporto fiduciario tra medico e paziente (che negli ultimi anni si è andato progressivamente deteriorando dando origine, tra l’altro, al fenomeno della cd. “medicina difensiva”), anche attraverso il più ampio coinvolgimento del cittadino utente e delle Associazioni di consumatori, e più in generale attraverso un continuo confronto ed una continua condivisione della propria azione con tutti gli stakeholders a vario titolo coinvolti nella tematica in esame, all’insegna della trasparenza e, soprattutto, della terzietà che sembrano permeare lo spirito della novella legislativa.

“L’errore non sempre è colpa o motivo di risarcimento, ma lo diventa solo se e quando siano state violate alcune regole”.

Tale precisazione appare doverosa nel delicato campo della Responsabilità sanitaria, giacché è esigibile da parte degli altri specialisti del collegio medico legale che questi abbiano oltre alla “specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento” anche competenza nell’ambito della generica responsabilità sanitaria. È sostanziale, infatti, che un collegio sia formato da specialisti che, seppure competenti in diverse branche, utilizzino comunque un linguaggio unico: in tal senso, non si può sottacere la ulteriore necessità di corsi di formazione e/o master, rivolti ad una platea di specialisti in varie branche, finalizzati all’acquisizione di particolari competenze nell’ambito giuridico, in generale, e più specificamente nell’ambito della responsabilità sanitaria.